L’Italia che riparte passa dai professionisti: lo spartiacque fiscale della riforma Meloni
ITALIA. C’è stato un tempo in cui parlare di fisco evocava più la figura del gabelliere medievale che quella di uno Stato moderno. Un sistema percepito come opprimente, confuso, spesso vessatorio. Oggi, con un discorso fortemente simbolico agli Stati Generali dei Commercialisti, il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto marcare una cesura netta: il tempo della burocrazia cieca e della diffidenza sistemica verso il contribuente, secondo Palazzo Chigi, è (o dovrebbe essere) finito.
Il luogo scelto non è casuale. Il mondo dei commercialisti rappresenta, infatti, il crocevia tra il cittadino e lo Stato, tra la fiscalità teorica e quella vissuta ogni giorno da imprese, lavoratori autonomi e famiglie. Parlare a loro – e con loro – equivale a dettare la rotta fiscale dell’intero Paese. In quell’aula, Meloni non ha solo ringraziato, ha lanciato un manifesto politico ed economico: “Meno burocrazia, più fiducia nei cittadini”.
Una riforma attesa da mezzo secolo
La premier ha rivendicato il cuore della sua strategia economica: la riforma fiscale. Un cantiere aperto, ambizioso, che si propone di riscrivere le regole del gioco. Sedici decreti già approvati, cinque testi unici in via di definizione, e soprattutto un nuovo paradigma: passare da un fisco punitivo a uno collaborativo. Non si tratta, dunque, solo di modificare aliquote o semplificare modulistiche – pur necessari – ma di cambiare la cultura tributaria italiana.
Un passaggio epocale, tanto più significativo se si considera che la riforma è figlia del dialogo con gli operatori del settore. “Abbiamo fatto sintesi delle vostre proposte”, ha detto la Presidente, e in questo “abbiamo” c’è forse il segreto dell’approccio: non un’imposizione calata dall’alto, ma un processo condiviso.
Il fisco come leva di sviluppo, non ostacolo
Tra le righe del discorso, una visione chiara: il fisco deve essere leva di crescita, non zavorra. Deve finanziare lo Stato senza strangolare l’economia reale. Per farlo, serve un equilibrio che dia respiro al ceto medio – oggi, più che mai, spina dorsale produttiva e insieme anello debole della catena – e che stimoli chi produce, investe, rischia.
Qui si inseriscono misure come il concordato preventivo biennale, reso strutturale e più vicino alle esigenze dei contribuenti, e la semplificazione normativa, con testi unici che puntano a rendere il sistema leggibile non solo per gli addetti ai lavori.
Lotta all’evasione: dai proclami ai numeri
Uno dei passaggi più politici, ma anche più concreti, è stato quello dedicato alla lotta all’evasione. “A chi ci accusa di aiutare gli evasori, rispondiamo con i numeri”, ha detto Meloni. Ed effettivamente, il dato è impressionante: 33,4 miliardi di euro recuperati nel 2024, il miglior risultato di sempre.
Un successo che – è stato sottolineato – non è figlio del caso, ma di scelte mirate: dalla digitalizzazione dei controlli alla repressione delle “partite IVA apri e chiudi”, fino al rafforzamento della precompilata. Il merito, ha voluto rimarcare, è anche dei commercialisti, “soldati silenziosi della legalità fiscale”, come qualcuno li ha definiti.
Professionisti non più bersagli
Uno dei momenti più apprezzati dall’auditorio è stato quello relativo alla responsabilità dei componenti del collegio sindacale. Una storica stortura normativa – che equiparava in maniera iniqua ruoli e responsabilità tra amministratori e organi di controllo – è stata finalmente corretta. Un segnale forte, che restituisce dignità e agibilità a una funzione cruciale per la trasparenza e la solidità delle imprese.
Un patto per l’Italia
Il discorso di Meloni agli Stati Generali dei Commercialisti non è stato un semplice omaggio istituzionale. È stato, nei toni e nei contenuti, un patto. Un invito alla corresponsabilità, alla costruzione di un sistema Paese più giusto, più moderno, più efficace. L’Italia, ha detto, “rimane una grande nazione”, ma “serve l’aiuto di tutti per restituirle il posto che merita”.
Non è un messaggio nuovo, ma è quanto mai attuale. Perché se il cambiamento del fisco sarà davvero il cambiamento del Paese, allora il futuro dell’Italia si gioca – anche – negli studi dei commercialisti, tra bilanci, dichiarazioni e controlli. E forse, finalmente, anche tra meno paura e più fiducia.